Seborrea e Calvizie
dr. Andrea Marliani
dermatologo – endocrinologo
in Firenze
Seborrea
Si intende con questo termine l’eccesso di produzione di sebo. In molti casi la seborrèa è solo un fatto soggettivo, è il paziente che, per una sua personale valutazione estetica, riferisce di avere seborrea in assenza di un reale riscontro clinico. I soggetti con calvizie si lamentano spesso dell’untuosità del cuoio capelluto ma si tratta solo di un effetto causato dall’assenza dei capelli. Nel calvo il sebo non si distribuisce, ovviamente, sulla cuticola dei capelli (che non ci sono) ma rimane ad ungere la cute dove appare in eccesso. La seborrea talvolta, quando è oggettivamente reale, può essere correlata ad un iperproduzione di ormoni androgeni e/o prolattina, situazione sempre da valutare attentamente, specie nella donna. Se la seborrea si associa a forfora la formazione di squame giallastre, untuose, prende il nome di pitiriasi steatoide (vedi). Sia la seborrea che l’alopecia androgenetica sono legate alla attività androgena (androstandiolo e diidrotestosterone) ma non esiste un rapporto di connessione diretta fra le due condizioni, esistono soggetti con forte seborrea ma mai calvi perché la calvizie androgenetica è ereditaria. Tuttavia il ristagno di sebo, ricco di androgeni, potrebbe portare alla formazione di un “unguento” potenzialmente nocivo per i capelli. Inoltre, nei casi in cui il paziente riferisce periodiche poussées di seborrea e caduta di capelli, è verosimile che queste siano la conseguenza di un transitori aumenti di produzione di androgeni o del loro utilizzo periferico da parte delle cellule della matrice dei capelli e delle ghiandole sebacee (forse per attivazione del citocromo P450, indispensabile per l’attività enzimatica che permette il metabolismo del colesterolo ad ormoni steroidei). Seborrea e defluvio androgenetico sono pertanto spesso contemporanei ma non l’uno conseguenza
La secrezione delle ghiandole sebacee è controllata dagli ormoni steroidi, circolanti o prodotti localmente dal follicolo pilosebaceo a partire dai precursori di origine gonadica e surrenalica (il più attivo in tal senso sembra essere l’androstandiolo). Le ghiandole sebacee producono abbondantemente sebo durante la vita fetale (vernice caseosa del feto). Sono attive nei primi mesi di vita. Passano in una fase di relativa quiescenza fino ai 9-10 anni di età per riattivarsi all’adrenarca. Ritrovano poi piena attività alla pubertà e sono causa di fenomeni di piccola patologia dermatologia, di cui è prototipo il fenomeno dell’acne polimorfa comune giovanile. La produzione di sebo subisce una brusca riduzione nella donna alla menopausa mentre nel maschio, ed in modo assai personale, diminuisce solo molto lentamente dopo i 60 – 70 anni di età.
Nella donna il principale androgeno circolante nel plasma è invece l’androstenedione, seguito dal deidroepiandrosterone, dall’androstenediolo ed infine testosterone: tutti di origine surrenalica ed ovarica. Anche nella donna comunque l’androstenedione, l’androstenediolo, il deidroepiandrosterone possono venir metabolizzati a testosterone a livello degli organi bersaglio. Gli androgeni circolano nel plasma in massima parte legati a proteine: l’androstenedione, l’androstenediolo ed il deidroepiandrosterone sono legati debolmente e reversibilmente all’albumina; l’androgeno più potente, il testosterone, circola invece nel plasma legato per il 99% circa ad una betaglobulina specifica: Sex Hormone Binding Globulin (SHBG). Solo la quota libera degli androgeni è metabolicamente attiva e pertanto può penetrare “passivamente” e reversibilmente nel comparto intracellulare delle cellule bersaglio dove tutti possono venire metabolizzati a testosterone, che a sua volta per poter agire deve essere trasformato in diidrotestosterone dall’azione di un enzima: la 5 alfa reduttasi. Il vero androgeno attivo a livello della matrice del pelo e del capello (ed anche a livello di altri organi bersaglio come la prostata) è quindi il diidrotestosterone che permette la crescita dei peli sessuali sul viso, sul petto, sul dorso e sulle spalle, mentre crea le condizioni per la caduta dei capelli. Il diidrotestosterone intracellulare si lega quindi ad una specifica proteina recettrice (recettore citosolico) ed il complesso diidrotestosterone+recettore è capace di penetrare “attivamente” nel nucleo della cellula dove si unisce alla cromatina, a livello di specifici recettori, e dereprime uno o più geni portatori del carattere “calvo” come del carattere “peloso”. I geni derepressi inducono la formazione di RNA messaggero che, uscito dal nucleo, a livello ribosomiale, non consente la sintesi delle proteine costituenti il capello mentre permette la produzione delle proteine costituenti i peli sessuali maschili. Si realizza così il messaggio genetico (il concetto è espresso più chiaramente e diffusamente nelle pagine che seguono).
E’ evidente che variazioni della frazione di testosterone libero, conseguenza delle variazioni della proteina legante (SHBG), comportano variazioni analoghe della quantità intracellulare del metabolita attivo: il diidrotestosterone. La SHBG aumenta in rapporto all’aumento (fisiologico, patologico o iatrogeno) degli estrogeni e degli ormoni tiroidei con conseguente diminuzione della frazione libera, attiva e metabolizzabile, del testosterone. La SHBG diminuisce in caso di aumento degli androgeni plasmatici, fisiologico (pubertà, età 18-26 anni etc.) o iatrogeno (somministrazione di anabolizzanti etc.). Ancora l’aumento dell’attività intracitoplasmatica della 5 alfa reduttasi e degli enzimi che metabolizzano gli altri androgeni a testosterone può essere causa di una più intensa attività androgena periferica.
In passato si era ipotizzato che l’ipofisi regolasse l’attività della 5 alfa reduttasi e della 17 beta idrossisteroidodeidrogenasi attraverso un “ormone sebotropo” (Ebling F.J.) , oggi si pensa che questo ipotetico ormone sia il somatotropo e/o la prolattina; basti pensare all’acne terribile dei ragazzi altissimi (acne da giocatore di pallacanestro) e al defluvio ed alla seborrea delle donne amenorroiche ed iperprolattinemiche ed al defluvio delle balie.
La trasformazione del pelo lanuginoso in pelo terminale all’epoca della pubertà è attribuibile ad un aumento degli androgeni circolanti ed al metabolismo del diidrotestosterone a livello dei follicoli piliferi. Purtroppo in molti giovani oltre a questa trasformazione fisiologica potranno verificarsi anche effetti indesiderabili come, ad esempio, acne, irsutismo, seborrea, defluvio androgenetico.
Nella cute di giovani acneici è stata riscontrata una concentrazione di diidrotestosterone sino a 20 volte superiore a quella rilevabile in soggetti sani della stessa età. L’attività 5 alfa reduttasica del cuoio capelluto affetto da defluvio androgenetico è più elevata di quella del cuoio capelluto normale (Bingham e Shaw) e nelle radici dei capelli della regione frontale dei soggetti calvi l’attività 5 alfa reduttasica è risultata aumentata rispetto a quella di soggetti di controllo con capelli integri.
Come indice della attività della 5 alfa reduttasi può essere preso il tasso del 5 alfa-androstan-3alfa-17beta-diolo (3 alfa Ad ), primo metabolita del diidrotestosterone, ed in particolare del 3alfa-diolo-glicuronide (3 alfa AdG) sia circolante che urinario. Il 3 alfa AdG proviene dal metabolismo del diidrotestosterone nella misura del 50% nell’uomo e del 100% nella donna.
Abbiamo motivo di ritenere che, come l’ormone attivo a livello del follicolo pilifero è il diidrotestosterone, l’ormone attivo a livello della ghiandola sebacea sia l’androstandiolo (3 alfa Ad).
La disponibilità di nicotinamideadenildinucleotidefosfatoridotto (NADPH) controlla e condiziona la 5 alfa riduzione e quindi la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone. Il diidrotestosterone vedremo che inibisce la attività della adenilciclasi (Adachi K.) e quindi la disponibilità di AMP ciclico (cAMP) ed, in ultima analisi, l’utilizzo del glucosio e la disponibilità di energia per le sintesi proteiche del tricocheratinocita. Queste due sostanze, il NADPH ed il diidrotestosterone, rappresentano i due principali punti di interferenza fra controllo steroideo e controllo metabolico della vita del capello e del pelo.
Da quanto detto fino ad ora appare verosimile attribuire la calvizie, nell’uomo come nella donna, all’interazione fra ormoni androgeni, una predisposizione genetica, una regolazione ipofisaria.
Ricordiamo inoltre che l’ipofisi è regolata dall’ ipotalamo tramite ormoni specifici (releasing hormones) e che quest’ ultimo è in stretti contatti con la sostanza reticolare, il sistema limbico, la corteccia cerebrale; è quindi comprensibile come anche alterazioni neuro-caratteriali (ed anche lo stress) possano alterare questo delicato meccanismo (pensiamo, ad esempio, alla alopecia neurologica dei malati di mente).