L’Alopecia Areata oggi
Andrea Marliani e Paolo Gigli
RIASSUNTO
L’alopecia areata è molto frequente, ha possibile remissione spontanea ed è caratterizzata dalla “improvvisa comparsa di chiazze prive di peli, di forma per lo più rotondeggiante, di numero e di dimensioni variabili. Non mostra particolare predilezione di sesso e colpisce soprattutto soggetti di razza caucasica ed orientale. L’alopecia areata può esordire a qualsiasi età, ma sembra più frequente e nell’infanzia e nella adolescenza, comune nell’età adulta e rara nell’anziano.
Il danno primitivo che origina l’Alopecia Areata (A. A.) potrebbe essere di natura metabolica ed a livello delle guaine, in particolare a livello della guaina epiteliale interna, dei capelli o dei peli colpiti. Solo dopo il danno delle guaine, per la presentazione di antigeni al sistema immunitario, si viene ad innescare il fenomeno autoimmune cellulomediato che tende a cronicizzare la malattia impedendo la crescita di nuovi anagen normali.
I capelli (o i peli) colpiti dalla malattia, dopo la distruzione delle guaine, per un danno metabolico che porta a produzione prima di acido lattico poi di squalene, cadono per lo più in catagen. Non cadono in anagen come si è sempre detto e scritto. Cioè (direbbe Alfredo Rebora) i capelli tentano di “rifugiarsi in telogen” stadio i cui la noxa patogena non può più colpire. La quota di capelli che cade in anagen avrebbe avuto un danno delle guaine di tale entità da non permettere al follicolo neppure il tentativo di fuga, attraverso il catagen, verso il telogen.
Tutto questo si dimostra in accordo con le osservazioni istologiche che sempre hanno mostrato un netto aumento della quota dei capelli catagen ai bordi di espansione di una A. A.
L’autoimminità entrerebbe dunque in gioco nella cronicizzazione della malattia: linfociti T4 rivolti contro i cheratinociti della matrice, i melanociti e l’endotelio vascolare impediscono ai nuovi anagen il normale sviluppo costringendoli al catagen (ed al telogen) già dalla fase 3 (sono i “capelli cadaverizzati” di Rebora).
Questa ipotesi getta nuova luce sulla patogenesi della A. A. che si mostrerebbe così strettamente imparentata con il Telogen Effluvio, situazione in cui sono presenti, sia pure in misura minore, gli stessi danni metabolico-microscopici. Inoltre questa tesi ci permette di comprendere come una A. A. possa svilupparsi in poche ore; fatto non certo conciliabile con una stretta patogenesi autoimmune.
LA VISITA IN TRICOLOGIA
Anzitutto, a differenza di quel che avviene in medicina generale dove una visita medica comincia sempre con l’anamnesi, in tricologia come in dermatologia la visita comincia con l’esame obiettivo.
Una alopecia areata, così come una alopecia cicatriziale sarà il più delle volte subito evidente.
Subito dopo eseguiremo il “pull test”, che consiste nel tirare dolcemente una grossa ciocca. I capelli potranno staccarsi dal follicolo in numero estremamente variabile.
Se i capelli si staccano abbondanti, con bulbi piccoli distrofici ed apparentemente anageni ci troveremo quasi sempre dinanzi a un’alopecia areata, o ad un esito di una terapia citostatica o di un’intossicazione acuta (ma su questo punto l’anamnesi è quasi sempre subito dirimente).
(vedi anche sul G.I.Tri. n 5 a pag. 7 – 9 “CLASSIFICAZIONE CLINICO DIAGNOSTICA DEGLI EFFLUVI E DEI DEFLUVI”)
ETIOLOGIA
L’etiologia della malattia è ancora ignota.
Esistono certamente :
I) Predisposizione genetica familiare
II) Fattori stressogeni, emotivi e caratteriali
III) Alterazioni immunitarie a) autoanticorpale
b) cellulomediata
IV) Danni a livello della guaina epiteliale interna
I) Predisposizione genetica familiare
Nei gemelli monozigoti, la comparsa della malattia si ha abitualmente alla stessa età e con le stesse manifestazioni cliniche.
Nei pazienti colpiti da alopecia areata, stata sottolineata la alta frequenza di antigeni, del sistema maggiore di istocompatibilità, HLA-DR4 e HLA-DR5 HLA-DR4 e HLA-DR5 (Orecchia G.). Il sottotipo DPW4 manifesta una maggiore predisposizione ad ammalarsi delle forme più gravi.
Riteniamo che la alopecia areata sia l’espressione patologica che si manifesta, in soggetti predisposi a malattie autoimmuni, per l’intervento delle stesse cause patogene che in soggetti normali non predisposti provocano un effluvio acuto in telogen (Doerr W., Seifert G., Uehlingger E.: Istopatologia della pelle” Piccin, Padova, 1983: 489)
II) Fattori stressogeni, emotivi e caratteriali
Non è ben chiaro ed ancora discusso il ruolo svolto dai fattori stressogeni, emotivi e caratteriali. L’inibizione della adenilciclasi indotta da catecolamine liberate localmente può spiegare il blocco delle mitosi, per carenza di AMPc, con degenerazione acuta della matrice del pelo. Infatti uno stress forte improvviso e di breve durata potrà provocare un effluvio in anagen (quindi clinicamente una alopecia areata) mentre uno stress più lieve causerà un effluvio in telogen.
I capelli che cadono nella alopecia areata devono trovarsi necessariamente tutti in anagen 6 cioè quella fase dell’anagen a più alta attività. Se cosi non fosse i capelli dell’area non cadrebbero tutti e ci troveremmo quindi dinanzi ad una alopecia areata incognita, oppure dinanzi ad un telogen effluvio nel caso in cui lo stress sia un po’ meno violento o le mitosi cellulari un po’ meno rapide
Può anche verificarsi che lo stress scatenante un telogen effluvium colpisca i capelli di un cuoio capelluto con follicoli vicini in normale asincronia di cicli, determinando prima un rapido passaggio alla fase telogen (quindi un telogen effluvio). Successivamente tutti questi capelli rinasceranno più o meno nello stesso momento in anagen, avremo così una “sincronizzazione”. Lo stesso stress ripetuto ora sarà in grado di provocare una alopecia areata totale.
I pazienti presentano molto spesso una personalità con tratti nevrotici, hanno spesso disturbi del sonno e comunque, quasi costantemente, dormono troppo poco, anche se di solito sono restii ad ammetterlo e devono essere direttamente interrogati in proposito.
Sono paziente che spesso la notte lavorano, studiano, leggono, giocano, si divertono e comunque non dormono abbastanza.
Nell’ultimo decennio numerosi dati clinici e sperimentali hanno dimostrato la sensibilità del sistema immunitario nei confronti di eventi emozionali e stressanti e la possibilità che questi possano influenzare sia l’immunità cellulomediata che anticorpomediata.
I capelli marginali di inserzione del cuoio capelluto, in particolare del margine posteriore sopra la nuca, che hanno un anagen più lungo, hanno anche una maggiore probabilità di essere colpiti da alopecia areata e la chiazza di alopecia areata potrà allargarsi nel momento in cui altri capelli nelle zone adiacenti raggiungeranno l’anagen 6 (cioè la fase del ciclo vitale più vulnerabile allo stress). L’alopecia areata è più rara in chi ha già un’alopecia androgenetica poiché in questi soggetti la fase anagen risulta accorciata, molti più capelli si troveranno in fase catagen e telogen, non potranno quindi essere colpiti come anagen.
III) Alterazioni immunitarie
Oggi l’alopecia areata è fondamentalmente considerata una malattia autoimmune a patogenesi autoanticorpale e cellulomediata. I pazienti hanno spesso autoanticorpi circolanti. E’ descritta l’associazione con tutte le patologie autoimmuni. I reperti istologici mostrano un’infiltrato infiammatorio linfocitario con aspetto “aggressivo” verso i follicoli affetti dalla malattia.
Gli autoanticorpi circolanti sono presenti nel 40% dei casi ed in particolare sono del tipo antimuscolo liscio (Tosti A.).
All’immunofluorescenza diretta sono visibili depositi di C3, in minor quantità IgG e IgM lungo la membrana basale dei follicoli piliferi, più facilmente osservabili al bordo delle chiazze.
Depositi simili, interessanti però soprattutto la parte infundibulare sono stati dimostrati anche in pazienti colpiti da defluvio androgenetico e pertanto non è certo che siano veramente espressione di un’azione lesiva verso il follicolo (Bystryn J-C).
Ci sono inoltre variazioni sia del numero totale dei T linfociti che delle sotto popolazioni linfocitarie nel sangue periferico. L’infiltrato peribulbare è costituito quasi esclusivamente da T linfociti con un’aumento del rapporto T4/T8 (T helper/T suppressor). Il rapporto è particolarmente alto nelle fasi di attività della malattia e si modificherà nel momento in cui le chiazze rispondono alla terapia o comunque non sono più in fase di attività (Orkin M.).
E’ plausibile che i linfociti attivati possano aggredire i cheratinociti della matrice del bulbo innescando o mantenendo la malattia. I linfociti T attivati possono rilasciare linfochine come ad esempio l’interferone gamma, il fattore alfa di necrosi tumorale, il Trasforming growth beta factor. Queste linfochine che inibiscono la proliferazione dei cheratinociti in vitro, potrebbero in vivo agire sulle cellule della matrice arrestando le mitosi (Baadsgaard O.).
IV) Danni a livello della guaina epiteliale interna
Una degradazione delle guaine è costantemente osservabile nella alopecia areata. Personalmente riteniamo che sia causata da due “rifiuti metabolici”: l’acido lattico e lo squalene.
La formazione di acido lattico, per quanto l’epidermide sia dotata degli enzimi specifici della glicolisi e del ciclo di Krebs, si ha a partire dal glucosio e dai trigliceridi. L’acido lattico è normalmente presente nel sudore ed ha, con l’acido glutammico e con l’acido aspartico, funzione tampone. Ovviamente sue alterazioni quantitative provocheranno oscillazioni del pH che per alterazione del ciclo di Krebs (il cui pH ottimale è 7,35) alterano la sintesi dei grassi di superficie. Cioè a variazioni del pH, conseguono variazioni nella composizione degli acidi grassi di superficie.
Lo Squalene (così chiamato perché fu isolato la prima volta dal fegato di squalo) è un idrocarburo aciclico alifatico che si forma da acido lattico e/o da trigliceridi. Normalmente dallo squalene si forma il colesterolo e nell’epidermide la biosintesi lipidica è molto attiva, tanto che soltanto l’epidermide riesce a convertire l’acetato C14 in colesterolo usando come precursore appunto lo squalene.
Al microscopio a luce polarizzata quello che riteniamo un danno da acido lattico si presenta come una spirale nera, una forma elicoidale, tra la cuticola del capello e la guaina epiteliale interna che appare come danneggiata per effetto “caustico”. La guaina epiteliale interna sembra staccarsi dalla cuticola ed “insaccarsi” mentre la guaina epiteliale esterna rimane integra.
Lo squalene invece sembra arrivare allo stelo del capello dalla ghiandola sebacea e al microscopio in luce polarizzata appare come una macchia scura che distrugge la guaina interna dall’esterno.
Questo fenomeno è attribuibile alla forte igroscopia dello squalene che, a contatto con i mucopolisaccaridi che cimentano le cellule delle guaine, danneggia per disidratazione la guaina interna.
PERCHE’ L’ALOPECIA AREATA E’ AREATA?
E’ difficile capire perché l’alopecia è areata ma possiamo cercare di intuirlo.
Il follicolo è tanto più suscettibile ad una noxa patogena quanto maggiore è la sua attività mitotica. L’evento patogeno che provoca la caduta di capelli nella alopecia areata colpisce solo i follicoli in anagen, la fase più vulnerabile del ciclo. Nella alopecia areata si osserva che i follicoli colpiti mantengono l’attività ciclica senza però riuscire a completare la loro fase di crescita (Messenger A. G.). Si è ipotizzato che l’alopecia areata colpisca solo i follicoli che si trovano simultaneamente in quella sottofase dell’anagen con la più alta attività mitotica. La distribuzione topografica dei follicoli in questa fase, al momento dell’evento patogeno, condizionerebbe la forma della chiazza (Rebora A.).
Questa ipotesi è suffragata, come già accennato, dalla constatazione clinica che l’alopecia areata è rara nei pazienti con alopecia androgenetica, nei quali l’anagen è di breve durata ed il ciclo follicolare accelerato. Se poi pensiamo come i peli sono organizzati in “unità o isole follicolari”, gruppetto di 3 – 7 follicoli, separato dalle isole vicine da fasci connettivali ed epiteliali, (vedi il G.I.Tri. n, 6 “Il limite chirurgico del graft”) e valutiamo come il ciclo di ogni pelo umano sia individuale ed a mosaico ma solo nell’ambito della sua unità follicolare e come ogni unità follicolare in ogni zona pelosa abbia vita quasi autonoma, ben distinta, regolata da ormoni paracrini interni all’isola o provenienti dalle isole vicine e, via via, sempre più lontane si può intuire perché l’alopecia areata è “areata”.
CELLULA TARGET DELLA MALATTIA
E’ ancora incerto quale sia la cellula target della malattia.
I) Cheratinociti
II) Melanociti
III) Cellule endoteliali
IV) Papilla dermica
I) Cheratinociti
Alcuni autori ritengono che il danno colpisca primitivamente i cheratinociti della matrice che danno origine alla corteccia del pelo (Messenger A. G.).
II) Melanociti
Altri autori ritengono possibile un ruolo dei melanociti, i quali sono presenti a livello della matrice del pelo solo durante la fase anagen (scomparendo quando il follicolo entra in catagen e tornando evidenti solo alla successiva ripresa dell’attività follicolare).
Si potrebbe pensare a una comunicazione paracrina tra cheratinociti e melanociti con un potenziamento vicendevole. Questo aiuta anche a capire come i peli ricrescono bianchi alla risoluzione della malattia (Messenger A. G.).
III) Cellule endoteliali
Altri autori ritengono che le cellule endoteliali del plesso vascolare vengano primitivamente colpite dal processo autoimmunitario (Nickoloff B. J.) con passaggio negli spazi perivasali dei leucociti mononucleati.
IV) Papilla dermica
Altri autori ritengono che la papilla dermica sia la cellula target della malattia avendo riscontrato alterazioni a carico dei proteoglicani della matrice extracellulare della papilla nei follicoli colpiti (Mc Donagh A. J. G.).
V) Personalmente riteniamo che il danno primitivo della malattia sia a livello delle cellule delle guaine (in particolare a livello della guaina epiteliale interna).
Solo dopo il danno delle guaine, con la presentazione di antigeni al sistema immunitario, si innescherebbe il fenomeno autoimmune con coinvolgimento dei cheratinociti della matrice, dei melanociti e dell’endotelio vascolare.
Il sistema immunitario tende poi a cronicizzare la malattia.
DIAGNOSI
L’esordio della alopecia areata è caratteristicamente acuto e questo fatto ci pare in contrasto con l’ipotesi di una patogenesi autoimmune “pura” della malattia. Il paziente o più spesso chi gli vive vicino o il parrucchiere si accorge che sono comparse una o più chiazze circolari completamente prive di peli. La cute può apparire o depressa, simil atrofica, oppure viceversa edematosa e arrossata. Queste chiazze di alopecia areata sono localizzate più frequentemente al cuoio capelluto e alla barba, zone più “emotivamente” coinvolgenti, ma possono interessare qualsiasi altra zona del corpo. Sul cuoio capelluto la zona più colpita è quella parietale. Quando l’alopecia si localizza in zona temporo-occipitale si parla di ofiasi.
Di solito la diagnosi di alopecia areata nelle sue forme tipiche non presenta difficoltà. Talvolta però la malattia può presentarsi clinicamente con aspetti difficili e “mascherati”.
Quando l’alopecia areata esordisce con un quadro senza chiazze ma simile al “telogen effluvium” si parla di “alopecia areata incognita”.
All’esame microscopico dei capelli che cadono, si vedrà che nel telogen effluvium sono telogen maturi mentre nell’alopecia areata sono anagen o catagen distrofici “a punto esclamativo” cioè assottigliati prossimalmente.
In base alla localizzazione ed all’estensione si suole distinguere una alopecia in chiazze singole o multiple, una alopecia totale che coinvolge tutto il cuoio capelluto, una alopecia universale che interessa tutti i peli del corpo.
Nella alopecia areata possiamo notare, oltre al capello/pelo displasico altri due tipi di peli caratteristici:
I) Peli a coda di topo
II) Peli cadaverizzati
I) Peli a coda di topo
Si trovano ai margini delle chiazze in fase attiva, hanno una lunghezza di circa 3 mm dall’ostio follicolare, sono destinati a cadere in 1 – 2 settimane. Una volta estratti vengono chiamati peli “a punto esclamativo”, poiché il loro diametro si riduce progressivamente in senso prossimale. Si tratta di catagen o anagen distrofici risultati da un’alterazione del processo di cheratinizzazione.
II) Peli cadaverizzati
Sono peli che non superano l’ostio follicolare, apparendo quindi come un punto nero sulla cute alopecica. Sono anagen 3 (iniziali) che, aggrediti dalla reazione immunitaria, non possono crescere e passano subito alla fase catagen e che quindi non possono giungere all’ostio follicolare.
I capelli bianchi sono più resistenti al trauma alopecizzante infatti quando la malattia esordisce in un paziente con capelli brizzolati a volte questi si ritroverà con i soli capelli bianchi. I capelli che ricrescono sono spesso di un colore più chiaro di quello originario se non addirittura bianchi. Talvolta per anni dopo la guarigione può persistere una ciocca bianca. Purtroppo la malattia predilige i soggetti con capelli scuri.
L’alopecia areata spesso si accompagna a due alterazioni ungueali:
l’unghia è un pelo modificato ed anzi è l’unico “pelo” umano che conosce solo la fase anagen, non può meravigliare, quindi, che sia coinvolta da una “malattia dell’anagen” come l’alopecia areata con due tipiche alterazioni:
I) Il pitting
II) La trachionichia
I) Il pitting è l’alterazione più comune. Si presenta con depressioni a “ditale da cucito”.
II) La trachionichia (tracus = ruvido) si presenta nel 3% circa dei pazienti e coinvolge tutte le venti unghie, che assumeranno un’aspetto simile a quello di una superficie trattata con la carta vetrata. E’ più frequente nei bambini, ha andamento benigno con lenta regressione spontanea nel giro di qualche anno.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Benché la diagnosi di alopecia areata sia di solito agevole sono possibili alcuni errori diagnostici che dobbiamo sempre avere presenti.
– Di fronte a una chiazza alopecica localizzata a livello fronto-temporale bisogna tenere presente la “alopecia triangolare congenita”, così di fronte a una chiazza del vertice bisogna tenere presente la “aplasia cutis verticis” che tuttavia si differenziano per l’assenza di peli a coda di topo (o a punto esclamativo) e per il dato anamnestico della presenza della chiazza fin dalla nascita.
– Le chiazze di lunga durata possono porre problemi differenziali con le alopecie cicatriziali come il LED, il lichen, la pseudoarea di Brocq, talune cicatrici. Tutte queste condizioni hanno comunque un aspetto francamente più atrofico.
– Talvolta difficile ed importante è la diagnosi differenziale con le alopecie metastatiche, frequenti specie secondarie a carcinomi mammari, ma che al tatto sono assai più dure ed aderenti.
– L’eritema cronico migrante è molto simile, nelle sua fase di estensione, alla alopecia areata ma al centro della chiazza è comunemente visibile la necrosi cutanea dovuta alla pinzatura di una zecca.
– La tricotillomania si distingue per l’aspetto spesso “bizzarro” delle chiazze, la presenza di peli spezzati e di colpi d’unghia.
L’alopecia areata la troviamo spesso associata a sindromi malformative o disordini immunitari.
– Nei pazienti atopici essa esordisce nei primi anni di vita, può dare molte ricadute ed evolvere verso le forme più gravi.
– La sindrome di Down è associata molto frequentemente alla alopecia areata che mostra andamento cronico con scarsa risposta alla terapia.
– I pazienti con sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, caratterizzata da uveite, ipoacusia, manifestazioni neurologiche e vitiligine, presentano anche spesso un’alopecia areata. Questa sindrome potrebbe essere espressione di un interessamento polidistrettuale dei melanociti che oltre ad essere presenti nell’epidermide e nei follicoli, lo sono anche nell’uvea, orecchio interno e meningi.
I pazienti alopecici possono mostrare anche alterazioni a carico del cristallino, del fundus e dell’epitelio pigmentato retinico. Alcuni autori hanno descritto anomalie gonadiche in pazienti giovani con alopecia areata.
CLASSIFICAZIONI CLASSICHE
Come già visto distinguiamo in base all’estensione tre tipi di alopecia areata:
I) Alopecia in chiazze singole o multiple.
II) Alopecia totale che coinvolge tutto il cuoio capelluto.
III) Alopecia universale che interessa tutti i peli del corpo.
Seppure raramente l’alopecia areata può interessare solo le ciglia, le sopracciglia e il pube, si tratta di zone dotate di anagen brevi e, quando coinvolte, sono molto resistenti alla terapia.
Un’altra classificazione “storica”, ma che è invece significativa per la prognosi, divide l’alopecia areata in 4 tipi:
I) Tipo comune
II) Tipo atopico
III) Tipo preipertensivo
IV) Tipo autoimmune
I) Tipo comune
Molto frequente, ha un decorso inferiore ai tre anni ed è tipico della tarda adolescenza. La regressione delle chiazze avviene comunemente in meno di sei mesi. Non vi è associazione significativa con malattie autoimmuni.
II) Tipo atopico
Esordisce quasi sempre nell’infanzia, ha decorso prolungato e spesso evolve verso un’alopecia totale.
III) Tipo preipertensivo
Colpisce giovani adulti con diatesi ipertensiva. Evolve rapidamente verso una alopecia totale.
IV) Tipo autoimmune
Si associa a malattie autoimmuni esordendo dopo i quaranta anni ed evolvendo nel 10% dei casi verso l’alopecia areata totale.
ANATOMIA PATOLOGICA
L’aspetto istologico dell’alopecia areata varia a seconda delle fasi della malattia.
– Nelle fasi iniziali, caratterizzate dall’effluvio e dalla chiazza alopecica recente, si osserva un infiltrato linfocitario prevalentemente perifollicolare e perivascolare, con ischemia. I follicoli sono prevalentemente in “catagen I” e l’infiltrato infiammatorio, sottoinfundibulare, è poco denso. In alcuni pazienti le sezioni trasversali mostrano anche un significativo aumento dei follicoli in “telogen anormale”.
– In una chiazza attiva in espansione, si osserva una prevalenza di follicoli superficializzati nelle prime fasi dell’anagen associati ad un denso infiltrato peribulbare intorno ai vasi della papilla, ai vasi del plesso perifollicolare ed a ciò che resta del follicolo pilifero stesso con la guaina epiteliale interna talvolta non “perforata” dal pelo. L’infiltrato è costituito da linfociti, istiociti, qualche mastocita e qualche eosinofilo. Le ghiandole sebacee sono indenni.
Osservando a forte ingradimento (2000 x) è quasi sempre evidente una più o meno accentuata distrofia delle matrici dei capelli con dissociazione e degenerazione delle strutture sottopapillari. (Thiese W. “Vergleichende histologische Untersuchungen bei Alopecia areata und narbig-atophisierenden Alopecien” Arch Klin exc Derm, 1966; 227: 541).
– In fase di stato ed in una chiazza di vecchia data, vi è una marcata riduzione della densità follicolare fino alla scomparsa dei follicoli e delle ghiandole sebacee ad essi annesse con ischemia e netta atrofia dell’epidermide e del derma superficiale, scomparsa persino delle ghiandole sudoripare apocrine, scomparsa dell’infiltrato perifollicolare. Ciò che resta dei follicoli è circondato da fasci collageni ispessiti ed anelastici e sono visibili alterazioni degenerative del collageno e della rete elastica del derma.
Eppure anche a questo punto l’alopecia areata può ancora guarire!
Ci chiediamo come sia possibile. L’unica risposta che siamo capaci di darci è ammettere che il follicolo, in questi casi, abbia di nuovo origine dallo strato basale dell’epidermide, come nella embriogenesi.
– Stadio di remissione: l’infiltrato linfocitario è scarso o assente e nelle aree di ricrescita iniziale notiamo follicoli in anagen di maggiori dimensioni che contengono un sottile fusto senza midollo.
ESAMI DI LABORATORIO
Non esiste alcun esame di laboratorio utile ad individuare la possibile etiologia dell’alopecia areata ma sarà sempre opportuno prescrivere accertamenti volti ad evidenziare possibili malattie autoimmuni associate, fra questi come batteria minima: Emocromo, VES, Ra test, fT4, TSH, autoanticorpi antitiroidei TPO, autoanticorpi antinucleari e organo specifici.
Secondo la maggior parte degli Autori è inutile prescrivere al paziente accertamenti radiologici per la ricerca di foci.
PROGNOSI
La prognosi è imprevedibile. Spesso mentre i capelli ricrescono in una chiazza in altre sedi se ne aprono di nuove . I peli sovente ricrescono spontaneamente, anche se il decorso della patologia è tipicamente recidivante e spesso le recidive sono più gravi dell’episodio iniziale.
Effettuando un pull test, ovvero tirando con le dita ciuffi di capelli ai bordi di una chiazza attiva e contando il numero dei capelli estratti si può avere un’idea della evoluzione della malattia; ovvero se i capelli sono 5 – 15 ed oltre è verosimile che la chiazza stia ingrandendosi. Se il test è positivo su tutto il cuoio capelluto è prevedibile che il paziente svilupperà una forma severa di alopecia areata.
La guarigione spontanea è comunque sempre possibile in tutte le forme, soprattutto nelle forme a chiazze, nelle forme totali o universali e nell’ofiasi si ha la prognosi più severa.
TERAPIA
Non è facile valutare l’efficacia di qualsiasi terapia a causa del decorso naturale della malattia caratterizzato da remissioni spontanee e recidive apparentemente capricciose.
Vediamo quindi le possibilità di terapia.
a) Placebo: statisticamente sappiamo che, se l’alopecia coinvolge meno del 40% del cuoio capelluto, avremo nel giro di un anno dall’esordio la ricrescita spontanea dei capelli nel 70% degli adulti e nel 40% dei bambini. Un comportamento di attesa è quindi sicuramente da non sottovalutare, anche nei casi più gravi, perché probabilmente molte delle terapie comunemente usate potrebbero essere considerate solo un placebo, in attesa che la malattia abbia il suo decorso naturale.
b) Ansiolitici, antidepressivi, psicoterapia: il paziente con alopecia areata presenta costantemente disturbi della sfera affettiva spesso associati ad insonnia, quindi il ripristino anche farmacologico di un sonno sufficiente può essere sicuramente utile. Ansia e depressione andranno a loro volta adeguatamente trattate. Talvolta la psicoterapia potrà essere associata alla terapia con ipnoinducenti, ansiolitici, antidepressivi e antiallucinatori.
Ci sembra giovare l’uso della melatonina alla sera abbinata, al mattino, a piccole dose di serotoninergici, questa terapia dovrebbe favorire il ripristino dei normali cicli biochimici circadiani.
c) Rubefacenti ed irritanti per uso locale: fra questi va considerata la crioterapia con anidride carbonica solidificata che, se ben condotta, da un lato darà al paziente la sensazione di essere ben seguito dal medico e dall’altro, mediante i micro danni che provoca provocherà liberazione dai cheratinociti di citochine (come EGF) a funzione “riparatrice” ed immunomodulante.
L’antralina topica, alla concentrazione dello 0,1 – 0,5%, utilizzata durante le ore notturne e lavata al mattino è una delle terapie più adatte al trattamento della alopecia areata in età pediatrica i quanto scevra da effetti collaterali importanti, eccetto l’inevitabile irritazione.
d) Corticosteroidi per uso locale: possono essere somministrati topicamente con medicazione aperta, in occlusione, oppure con terapia iniettiva intralesionale.
Il triamcinolone alla concentrazione di 0,5 – 1 mg/ml darà risultati positivi nella quasi totalità dei casi, anche se questi saranno seguiti da recidiva nel caso in cui non si provveda a trattare l’aspetto psicologico della patologia.
e) PUVA terapia: si è dimostrata nel complesso efficace ma è sicuramente scomoda per il paziente e spesso economicamente troppo onerosa.
f) Elioterapia: un soggiorno marino, sempre consigliabile, si dimostra spesso molto utile sia per l’elioterapia naturale, che per il riposo che inevitabilmente vi è connesso. E’ comunque comune osservare la risoluzione di forme anche gravi durante le vacanze estive.
Si è dimostrato anche utile l’uso prudente di catrame vegetale, ad azione fotosensibilizzante, in pomata o in stick durante il soggiorno marino o semplicemente durante la stagione estiva.
g) Terapie sensibilizzanti ed immunostimolanti: vanno utilizzate nelle forme più gravi e di lunga durata. Si cerca di indurre un dermatite allergica da contatto sul cuoio capelluto affetto da alopecia. L’immunostimolazione locale probabilmente agisce attraverso due possibili vie. Da un lato un nuovo antigene fornito artificialmente può “distrarre” la risposta immunitaria competendo con l’antigene ancora ignoto che causa la malattia. Dall’altro un’immunostimolazione protratta potrà determinare indirettamente la produzione di linfociti T suppressor in grado di contrastare la risposta immunitaria follicolare (Happle R.). La sensibilizzazione viene indotta applicando per 48h con un cerotto da patch test a contatto della cute del paziente la sostanza sensibilizzante, che può essere o il dibutilestere dell’acido squarico o il difenilciclopropenone. Dopo tre settimane si comincia ad applicarla a scopo terapeutico ed a una concentrazione sufficiente a determinare una lieve dermatite da contatto. Queste due sostanze vengono utilizzate agendo da apteni in grado di sensibilizzare la totalità degli individui senza essere presenti nell’ambiente o essere mutageni.
E’ stato abbandonato il dinitroclorobenzene che era sospettato di effetti mutageni.
h) Ciclosporina A: va utilizzata nelle forme gravi di alopecia areata. Essa ha comunque efficacia discutibile e soltanto a dosaggi alti per via sistemica, mentre è completamente inefficace per via topica. Il razionale di questa terapia consiste nello bloccare la reazione autoimmunitaria che sarebbe alla base della patogenesi della malattia e/o indurre il rilascio di linfochine da linfociti T.
Qualunque sia la terapia scelta per un alopecia areata grave questa dovrà comunque essere protratta per un tempo relativamente lungo (un anno) prima di poterne decretare l’inutilità e purtroppo non esiste alcun criterio sicuro che ci permetta di predire se il paziente ne trarrà beneficio ed esistono pazienti “non-responders” nei quali ogni accanimento terapeutico è del tutto frustrante.
La identificazione di un modello animale, il ratto Dundee, che sviluppa alopecia areata forse si dimostrerà una tappa importante per valutare l’efficacia delle terapie via via proposte (Michie H. J.).
Dobbiamo sottolineare che una cosa è far ricrescere i capelli (o i peli) caduti, l’altra è risolvere le cause che hanno provocato la malattia.
Personalmente riteniamo che l’alopecia areata sia in qualche modo psico-determinata e che ogni terapia, per quanto corretta e bene impostata, sia destinata al fallimento, se prima non si è riusciti a risolvere o a “rimuovere” la causa condizionante. In altre parole: quando si cura una alopecia areata dobbiamo pensare da un lato al problema contingente (l’alopecia) e dall’altro alla causa di questo che, se ignorata, porterà ad una inevitabile recidiva.
BIBLIOGRAFIA
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