giovedì
15 FebCortisone
Dott. Andrea Marliani
Firenze
Il cortisone ed alcuni suoi derivati, somministrati per os, sono i farmaci di scelta per sopprimere l’increzione di ACTH nelle forme di iperandrogenismo di origine surrenalica. Si tratta, per lo più, di deficit enzimatici surrenalici ad espressione incompleta e tardiva riguardanti la 21 idrossilasi o la 11 idrossilasi.
Queste forme di iperandrogenismo si osservano soprattutto in pazienti di sesso femminile anche perché nel maschio passano facilmente indiagnosticate. La paziente lamenta un defluvio a tipo androgenetico, acne, irsutismo e amenorrea; l’esame clinico può o meno mettere in evidenza altri segni di virilizzazione quali lo sviluppo delle masse muscolari ed l’ipertrofia del clitoride. Gli esami di laboratorio e la clinica permettono di distinguere questi casi dalla sindrome di Stein-Leventhal e dalla sindrome di Cushing, nelle quali pure è presente iperandrogenismo. Un’ecografia pelvica sarà indispensabile per escludere o confortare la diagnosi nel sospetto di una policistosi ovarica.
Alcuni esami vanno eseguiti sistematicamente, in questi casi, perché permettono di valutare l’entità dell’iperandrogenismo e precisarne la diagnosi. I dosaggi urinari delle 24 ore di 17-ketosteroidi, 17-OH corticosteroidi, pregnanetriolo, pregnandiolo, estrogeni, cortisolo, androsterone ed etiocolanolone potranno orientare la diagnosi. Più penetranti sono i dosaggi plasmatici (da eseguirsi fra il 1° ed il 7° giorno del ciclo) ed interessano: testosterone, 17-OH-progesterone, ACTH, DHEAS, gonadotropine e prolattina.
Il dosaggio plasmatici del progesterone e soprattutto del 17-OH-progesterone, che sono i precursori metabolici del cortisolo, portano, se elevati, alla diagnosi di iperandrogenismo surrenalico da deficit di 21 idrossilasi, allora potremo trovare elevati anche l’ACTH, il DHEAS, l’androstenedione ed il testosterone. Alti valori plasmatici di 11-desossicortisolo e di 11-desossicoticosterone, oltre che del 17-OH-progesterone sono tipici del deficit della 11 idrossilasi.
Le prove dinamiche saranno decise in funzione degli esami clinici ed hanno lo scopo di orientare verso una concomitante patologia ovarica e di confermare la diagnosi delle forme fruste dei deficit enzimatici. L’esplorazione del surrene prevede il test di stimolazione con ACTH ed il test dei inibizione con desametasone.
L’esplorazione dell’ovaio si esegue stimolando le gonadi con gonadotropine durante l’inibizione surrenalica.
Prima di iniziare una così complessa indagine clinica deve essere anche esclusa una patogenesi iatrogena e soprattutto le terapie con derivati del testosterone (in passato impiegati per i fibromiomi emorragici uterini) e la sempre più frequente somministrazione di steroidi anabolizzanti. Abbiamo inoltre già ricordato l’effetto androgenizzante degli estroprogestinici utilizzati a scopo anticoncezionale. Ricordiamo anche la corticoterapia ad alte dosi con Cushing iatrogeno.La terapia sarà il più possibile causale: in caso di etiologia iatrogena, alla sospensione del farmaco responsabile, indispensabile ma non sempre sufficiente a far regredire il quadro, potrà essere utilmente associata una terapia antiandrogena. Un tumore ovarico o surrenalico sarà trattato chirurgicamente. Quando si tratta di iperandrogenismo di origine ovarica, si pone spesso il problema di una sindrome di Stein-Leventhal la cui terapia prevede o una resezione cuneiforme delle ovaie o l’utilizzazione di un estroprogestinico a forte contenuto in estrogeni (magari accoppiando etinilestradiolo e medrogestone o medrossiprogesterone, senza ricorrere ai preparati antifecondativi commerciali che abbiamo visto essere spesso poco adatti). Allorché si tratti di una iperplasia surrenalica congenita a comparsa tardiva si potrà tentare l’inibizione con desametasone, prednisone, idrocortisone o cortisone. Lo steroide si somministra alla sera alla dose di 0,5 mg di desametasone o di 5 mg di prednisone o equivalenti, in dose cioè pari circa alla secrezione fisiologica quotidiana di cortisolo. Questa terapia blocca la secrezione ipofisaria di ACTH, riporta alla norma la produzione di androgeni surrenalici, stabilizza la cortisolemia su livelli fisiologici.
Nella donna questa terapia può essere accoppiata a terapia estroprogestinica femminilizzante (ad esempio etinilestradiolo 35 microgrammi + ciproterone 2 mg). Il trattamento deve essere protratto indefinitamente, valutando poi i livelli di androgeni urinari e/o ematici.
La terapia topica corticosteroidea in tricologia viene generalmente sconsigliata dalla maggior parte degli autori. I cortisonici fluorurati hanno provocato, con il loro uso ed abuso, danni cutanei come atrofia, acne steroidea, dermatite periorale etc. Riteniamo però che la maggior parte di questi danni siano in realtà da attribuire all’alogeno introdotto nella molecola per esaltarne la potenza ed allungarne l’emivita e che i corticosteroidi debbano essere attentamente rivalutati. Esaminiamo le ragioni per cui riteniamo valido usare corticosteroidi, particolarmente l’idrocortisone (cortisolo) nella terapia locale del defluvio androgenetico.
1) In caso di seborrea l’uso di un blando corticosteroide non alogenato è certamente utile per controllare l’eritema e la desquamazione oltre che per rimuovere il sebo, mettendo così la cute in condizioni di poter ricevere meglio le altre terapie topiche.
2) Il cortisolo (idrocortisone) facilità le attività mediate da cAMP (Iizuka H. – Voorhees J.), probabilmente mediante un blocco della fosfodiesterasi (Zanussi C.), forse anche attivando l’adenilciclasi, e contribuisce così ad attivare il metabolismo energetico del tricocheratinocita.
3) Il cortisolo attiva la neoglicogenesi delle cellule della matrice e della papilla del bulbo pilifero, analogamente a quanto avviene nel fegato. Il glicogeno si accumula nel citoplasma cellulare durante il telogen e viene consumato durante l’anagen (De Villez R.L.). Il cortisolo consente quindi una produzione di glicogeno garante della omeostasi glicidica ed energetica del capello.
4) Il cortisolo si lega debolmente ai recettori degli androgeni, riduce l’attività enzimatica della 5 alfa reduttasi e compete, sia pur blandamente, con il diidrotestosterone per il recettore citosolico.
5) Il cortisolo è probabilmente capace di incrementare i fenomeni di aromatizzazione del follicolo pilifero, analogamente a quanto dimostrato nel tessuto adiposo (Salerno R.).
L’uso topico di cortisonici può quindi risultare vantaggioso dato che si pone a cavallo fra le terapie endocrine e quelle intese a modulare, attraverso il sistema adeniciclasi-cAMP, il metabolismo energetico del bulbo pilifero.
6) Il cortisolo è certamente utile a contrastare i fenomeni infiammatori follicolari e perifollicolari che accompagnano il defluvio androgenetico e che, esitando in fibrosi, contribuiscono a determinarsi delle fasi finali della alopecia androgenetica.
I cortisonici risultano particolarmente utili nella terapia degli effluvi nei quali centinaia di capelli entrano, quotidianamente e contemporaneamente, in fase telogen (con caduta acuta e vistosa di centinaia di capelli al giorno, tutti nella stessa fase del ciclo vitale). Localmente, per applicazioni quotidiane, si può usare l’idrocortisone emisuccinato all’1-2% in preparazione galenica idro alcolica 70-80% , oppure l’idrocortisone 17-butirrato all’0,1% in alcol isopropilico 50% (specialità etica), il prednacinolone acetonide 0,05% in glicole propilenico e molte altre preparazioni etiche. Spesso l’effluvio si stabilizza e si arresta rapidamente, nel giro di qualche settimana, e ciò è anche strano se si considera che il telogen è di circa 100 giorni e che i capelli in telogen dovranno comunque cadere. Negli effluvi più “intensi” (molte centinaia e talvolta migliaia di capelli caduti ogni giorno) una fiala intramuscolare di 6-metilprednisolone acetato 40 mg, ripetuta ogni 7 giorni per 3 volte, fornisce spesso risultati spettacolari.
BIBLIOGRAFIA
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