Parrucche e Protesi
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Parrucche e Protesi

Andrea Marliani
Firenze
 

 

Quando le terapie non sono attuabili l’unica soluzione rimane quella di “coprire” la parte calva. Secondo il vocabolario della lingua italiana il termine “parrucca” indica una “capigliatura posticcia, composta di due elementi: la montatura, cioè la rete sulla quale vengono applicati i capelli, e i capelli stessi”; per “protesi” si intende invece un “apparecchio capace di sostituire, almeno parzialmente, organi o strutture mancanti”. Si comprende quindi come quest’ultimo termine sia utilizzato in maniera del tutto inappropriata in alcune pubblicità dal momento che mai viene sostituita una parte di cuoio capelluto calvo con una artificiale contenente capelli (al contrario di una protesi d’anca, di una protesi dentaria ecc): in questo caso si rientrerebbe infatti in una tecnica chirurgica (peraltro fino ad oggi non attuabile neanche a livello ospedaliero). Stesso giudizio vale per il termine “ricostruzione” dato che nulla viene “ricostruito”.
Indipendentemente dalla fantasiosa terminologia pubblicitaria utilizzata, il potenziale acquirente dovrà fare alcune considerazioni:
1) la parrucca può essere mobile (cioè appoggiata sul cuoio capelluto) o fissa. Nel secondo caso acquisisce notevole importanza il sistema di fissaggio che può (fili sottocutanei, ganci di vario tipo, graffette, bottoni automatici ecc) o meno (collanti di vario tipo, tape biadesivi ecc) determinare un’infezione (eritema, edema, pus ecc) e/o un successivo “processo di riparazione” con conseguenti cicatrici definitive (il “calvo” non potrà quindi mai più portare con disinvoltura la propria calvizie e avrà precluse eventuali nuove terapie che venissero scoperte in futuro); in tutti e due i casi non possono comunque essere escluse a priori possibili reazioni di tipo aggressivo o allergico alle sostanze impiegate (che possono verificarsi anche a distanza di tempo);
3) il supporto, sul quale vengono fissati i capelli, può variare dalla semplice ed approssimativa “tessitura” a materiali di vario tipo che, nei casi più raffinati, vengono preparati con una forma che ricalca la conformazione cranica del cliente (i vari parametri, rilevati preventivamente, sono utilizzati per allestire un “calco” in gesso che serve da modello per il supporto stesso), consentendo un adattamento pressoché perfetto durante l’uso. Anche per il supporto devono essere escluse possibili “intolleranze”;
4) i capelli utilizzati possono essere sintetici o veri (cioè di donatori), soluzione, quest’ultima, secondo noi da preferire; determinanti anche il modo di fissaggio dei capelli al supporto e la loro corretta inclinazione (nella parrucca ad annodatura su “rete” il capello viene fissato con un nodo e girato all’esterno in modo tale che da ogni capello se ne ottengono due, di cui uno rovesciato cioè con orientamento invertito delle cellule della cuticola) per raggiungere un risultato estetico ottimale;
5) una conservazione scrupolosa, evitando “aggressioni” chimiche (detergenti inadeguati, solventi, vernici, ambienti molto polverosi ecc) e/o fisiche (sole, calore, acqua di mare ecc) è fondamentale per rimandare il più possibile le “revisioni periodiche” o la vera e propria sostituzione.

Concludiamo sottolineando che, per quanto concerne la nostra esperienza, nel caso di “lavori” ben eseguiti e fissati senza danno anatomico al cuoio capelluto, il soggetto può condurre una vita di relazione praticamente normale dato che è praticamente impossibile accorgersi che la capigliatura è “artificiale”. Per chi lo desidera è inoltre possibile aumentare gradualmente il numero dei capelli inseriti nel supporto in modo che la variazione estetica non sia troppo repentina. Se il supporto consente infine il passaggio dell’aria e delle sostanze prodotte dal cuoio capelluto (sebo, sudore ecc), ed è facilmente e periodicamente rimuovibile, la correzione sarà ottimale anche dal punto di vista igienico.

 

 

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