La Comunicazione Percentualizzata
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La Comunicazione Percentualizzata

Comunicare: essere, dire o apparire
Guido Vido Trotter ed Andrea Marliani
Firenze
 

L’essere umano è un animale parlante ma il grosso della comunicazione e del giudizio non avviene con la parola. La parte più importante di quel che comunichiamo non è verbale.
Spesso incontrando qualcuno per la prima volta ci accorgiamo di giudicarlo visceralmente, “a pelle”, senza conoscerlo, senza sapere. Questo giudizio è poi difficile da cambiare. Quando due persone s’incontrano, si parlano e “comunicano”, quanto valgono le loro parole, la voce, il comportamento? Quanto è realmente importante quel che diciamo. O piuttosto è importante come lo diciamo e come ci presentiamo? Conoscere i segreti della comunicazione è decisivo nel rapporto con amici, pazienti e colleghi. È soprattutto decisivo, che ci piaccia o no, nel presentarci ad un convegno, nel cercare un lavoro, nel fare una relazione e nell’affrontare un’estraneo per la prima volta. Conoscere come avviene la comunicazione è critico per i nostri rapporti sociali.
Nel marzo del 1977 venne pubblicato su “Psicologia Contemporanea” un articolo a firma di Albert Mehrabian dal titolo “La comunicazione senza parole“. Si riportava una ricerca condotta alla Clark University da Morton Wiener. Per la prima volta si valutava percentualmente come avviene la comunicazione fra due persone e si quantificava nel 51% come comportamento, nel 42% come tono di voce e solo nel 7% come contenuto delle parole.
In seguito si è analizzata la comunicazione anche secondo il modello dei due cervelli o emisferi cerebrali; destro (che da una lettura del mondo più emotiva, immediata e qualitativa) e sinistro (con una lettura più razionale, ponderata e quantitativa). In base a questo diverso modello le percentuali di comunicazione vengono riviste in questo modo: circa metà del messaggio viene decodificato dall’organo della vista (51%) e metà dall’organo dell’udito, suddiviso in 42% per il tono della voce e il 7% per il contenuto delle parole; se però il messaggio non è dato in presenza dell’interlocutore (come ad esempio in una telefonata) l’organo della vista ha una funzione solo virtuale e nella comunicazione l’importanza del tono della voce raggiunge l’85% ed il contenuto delle parole il 15%; se poi l’unico organo interessato è la vista (ad esempio in una lettera commerciale) verrebbe da pensare che il contenuto delle parole sia il 100% del messaggio, ma dopo le ricerche di Marshall McLuhan (cioè dopo la scoperta che “il media è il messaggio”) si è compresa l’importanza anche alla “forma del messaggio”, cioè che questo è per 50% contenuto delle parole e 50% carta, carattere tipografico, logo, sintassi ecc.
Analizzando successivamente il problema dal punto di vista dell’importanza che i vari organi di senso hanno nella decodifica del messaggio le percentuali sono andate ulteriormente mutando: in una normale comunicazione “de visu” i sensi interessati sono risultati avere una importanza equipollente (almeno ad una prima valutazione dell’emisfero destro) e le

percentuali di decodifica diventano: 1/3 alla vista, 1/3 all’udito ed 1/3 al gusto + olfatto e l’importanza del contenuto delle parole scende al 5%. Addirittura nella “comunicazione totale”, come con i cuccioli o fra amanti, tutti i sensi sono parimenti interessati cioè _ la vista, _ l’udito, _ il gusto + olfatto e _ il tatto, ed il contenuto delle parole ha un valore solo del 2 – 3%.
Questo è ad oggi lo stato della conoscenza sulla comunicazione. Il modello è basato sulla convinzione che la nostra consapevolezza della realtà risieda nel cervello.
Se però basiamo la nostra convinzione che la coscienza e la visione del mondo si formino nel cervello perché è lì che risiede la maggioranza delle cellule nervose, dovremmo di nuovo modificare il modello. Nel intestino, (nel “chakra del plesso solare“, come lo chiamano gli Indiani) vi sono altrettante cellule nervose. Le descrisse in occidente nel 1853 l’anatomista e fisiologo tedesco Georg Meissner. Parliamo del “Plesso nervoso mioenterico sottomucoso di Meissner” noto anche come “Plesso intramurale o metasimpatico di Auerbach”.

 
 
Insomma, per farla breve, l’intestino è intelligente. L’intestino si emoziona, soffre e gioisce. Nell’intestino, nel ventre di ciascuno di noi, c’è un “terzo cervello”. I due cervelli cranici ed il cervello enterico (plesso mienterico e submucosale) sono connessi dal nervo vago ed in modo ancora non chiaro, interagiscono. Abbiamo così una diversa chiave di comprensione per stress, ansia, tensione e comunicazione. Una comunicazione viscerale.
Del resto anche per gli antichi Egizi la sede della conoscenza era fra fegato, stomaco e cuore. Se pensiamo che quel modello è durato alcune migliaia di anni di ché ci meravigliamo?

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