Cosmetologia dei capelli
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Cosmetologia dei capelli

COSMETOLOGIA DEI CAPELLI
Andrea Marliani
e Marino Salin
Oneida Research
 

 

Fibra inanimata ed, in qualche modo, “vivente”, il capello deve essere accudito, curato e protetto.
Questo è tanto più vero in quanto il capello viene utilizzato per il “linguaggio del corpo”, come oggetto di culto, di cui si può modificare la forma,. il colore, l’aspetto, il riflesso.
La Scienza Cosmetologica deve adattarsi a questi fatti con prodotti, per l’igiene e l’abbellimento, efficaci e non aggressivi ed elaborando tecniche sicure ma che consentano la colorazione, la decolorazione, la deformazione ed il fissaggio dei capelli.
Viceversa, i cosmetici, in senso stretto, non potranno avere azione alcuna sulla vitalità dei capelli, nessun prodotto cosmetico per applicazione esterna può “rafforzare la radice”, far ricrescere dei capelli caduti o “addormentati”, malgrado le promesse ingannevoli di certa pubblicità; se qualcosa avviene siamo già al farmaco!

 

SHAMPOO

Non ci si lavano i capelli con “una cosa qualsiasi” o con detergenti aggressivi senza subirne le conseguenze: la cuticola del fusto pilare (molto fragile) diventa a scaglie, si “abrade”, i capelli, rugosi, diventano mal pettinabili, si spezzano o si sgretolano (tricoptilosi distale = doppie punte) alle estremità, il cuoio capelluto diventa arrossato e pruriginoso…
Con il progredire della cosmesi, alla funzione principale dello shampoo che è di pulire i capelli ed il cuoio capelluto (senza danneggiarli), si sono aggiunti progressivamente altri imperativi:
– abbellimento dei capelli mediante un apporto di brillantezza (il principale rimprovero fatto al sapone e di rendere opaco e “spento” il capello con depositi di calcio e di magnesio che lo fanno sembrare polveroso), pur lasciando i capelli soffici e morbidi, “gonfi”, facili da districare e da pettinare;
-> esigenza del Consumatore nei confronti della viscosità e del potere schiumogeno di uno shampoo;
-> conferire morbidezza, volume ed elasticità ai capelli;
-> adattamento alla natura di ogni tipo di capelli: secchi, grassi, fini, fragili etc;
-> utilizzo in relazione a certi disturbi del cuoio capelluto (shampoo trattanti: antiforfora o antiseborrea).
-> infine, adattamento alla frequenza dei lavaggi (shampoo “dolci” o delicati, per uso frequente).

Le basi lavanti
Il materiale da detergere rappresenta una grande superficie, valutata in 4 – 8 m2 per una capigliatura femminile.
I tensidi (o tensioattivi) sono sostanze detergenti di superficie che hanno in comune una struttura “ambivalente” a doppia affinità che comprende:
-> una parte lipofila (catena idrocarburica), liposolubile che deve solubilizzare lo sporco ed il grasso;
-> una parte idrofila (raggruppamento polare), idrosolubile, che deve consentire al tensioattivo di solubilizzarsi nell’acqua e di portar via i composti grassi durante il risciacquo.

 

 

 

 

Formula di struttura di un tipico tenside:
“Sodio Stearato”
 

 

 
 

 

 
 

 

 

 

Rappresentazione grafica convenzionale di un tenside
 

 

 
 

L’effetto lavante di uno shampoo comincia con la sua capacità di “bagnare” lo sporco contenuto nel sebo che circonda il capello. Le basi lavanti sono agenti tensioattivi (o “tensidi”) che si collocano nell’interfaccia tra l’acqua del lavaggio con lo sporco ed il grasso da eliminare.

 

 

 

 

 
 

 

 
 

Questo materiale viene quindi emulsionato e disperso nell’acqua e deve poter essere eliminato con l’acqua di risciacquo.

 

 

 

 

 

 
 

 

 
 

Sottolineiamo che l’effetto “lavante” non è assolutamente proporzionale alla quantità di schiuma prodotta, pur cosi apprezzata dall’utente.

 

 

 

 

 

bolla di schiuma
 

 

 
 

 

 
 

I detergenti di sintesi possono essere classificati in 4 gruppi:

1) tensioattivi anionici in cui la parte polare idrofila è caricata negativamente, sono i pilastri dell’azione lavante di uno shampoo in quanto poco costosi e poco irritanti.

 

 

 

 
 

-> I solfati di alcol grassi sono molto apprezzati in quanto hanno buone proprietà detergenti, emulsionanti e schiumogene. Esistono sotto forma di sali di sodio, di ammonio o di trietanolammina. Poiché mancano di dolcezza, vengono addizionati con altri tensioattivi per ovviare alla loro aggressività nei confronti della cheratina.
-> Alcuni prodotti anionici hanno una maggiore dolcezza, ma spesso sono anche meno detergenti e meno schiumogeni: gli alchileterosolfati, i lipoaminoacidi, i solfosuccinati, gli isetionati, i sarcosinati…

2) tensioattivi cationici, in cui la parte polare idrofila è caricata positivamente, sono poco utilizzati.

 

 

 

 
 

-> Di potere schiumogeno e detergente mediocre, sono irritanti per gli occhi, vengono talvolta utilizzate due loro qualità:
azione battericida e micostatica (utilizzo come agente antiforfora);
forte affinità per la cheratina del capello alla quale danno dolcezza e brillantezza, facilitano lo sbrogliamento dei capelli e ne diminuiscono l’elettricità statica.
-> Di questo gruppo fanno parte i sali amminici (ossido aminico) e i sali dell’ammonio quaternario (alchiltrilnetilammonio, alchildimetilbenzilammonio). Incompatibili con gli anionici, sono sostituiti dai polimeri cationici.

3) tensioattivi anfoteri hanno una struttura bipolare che varia in funzione del pH con formazione di anioni in ambiente basico, di cationi in ambiente acido.
-> Sono buoni agenti lavanti, poco schiumogeni, sono in generale ben tollerati e abbastanza costosi. Vengono utilizzati in associazione con tensioattivi anionici.
-> Ne esistono tre classi importanti: le betaine, i derivati dell’imidazolina, gli aminoacidi N-alchilici.

4) tensioattivi non ionici non hanno carica elettrica. E’ la ripetizione dei gruppi “ossietilene” che esercita la funzione solubilizzante nell’acqua (invece delle teste polari).
– Abbastanza costosi, hanno buona capacità detergente con scarso potere schiumogeno.
Per la loro eccellente tollerabilità vengono generalmente considerati i più dolci dei tensioattivi.
La mancanza di capacità schiumogena soddisfa però poco gli utenti e fa sì che vengano soprattutto utilizzati come detergenti ausiliari, in associazione con altri tensioattivi.
Tra i tensioattivi non ionici ricordiamo: i Tweens (esteri poliossietilenici di sorbitolo), gli eteri di poligliceroli, la alcanolammine.

Le saponine naturali di origine vegetale
(legno di Panama, castagna d’India, edera saponaria…), utilizzate da secoli sotto forma di diverse ricette ancestrali, sono apparentate ai detergenti non ionici.
Sono dei mediocri agenti lavanti che diventano detergenti a concentrazioni elevate alle quali si rivelano però aggressivi per i capelli.
Per questo motivo al fine di assicurare un buon lavaggio e proprietà cosmetiche opportune gli shampoo che sostengono di contenere “lavanti naturali” contengono abitualmente anche dei tensioattivi di sintesi.

Gli additivi di fabbricazione
Lo shampoo è prima di tutto una soluzione acquosa di tensioattivi. E’ tenendo conto delle qualità proprie di ciascun tipo di tensioattivo, è dall’associazione di diversi tensioattivi (miscele di anionici tra di loro, di anionico + anfotero, di anionico + non anionico) che nascono le migliori soluzioni detergenti e che rispondono meglio ai desideri degli utenti.
In generale, uno shampoo contiene dal 10 al 20% di detergenti in 80 – 90% di acqua (sterile e deionizzata).
La molteplicità degli obiettivi di uno shampoo richiede l’utilizzo di un gran numero di componenti con problemi di compatibilità e di dosaggio e danno origine a diverse soluzioni.
Gli additivi, destinati a perfezionare le qualità del prodotto finito ed a renderlo gradevole, sono praticamente indispensabili:
-> esaltatori e stabilizzatori di schiuma (dietanolammide di copra, amidi grasse, polioli, alcoli ossietilenici) per rispondere al desiderio del pubblico secondo il quale il potere schiumogeno è psicologicamente associato all’efficacia lavante;
-> umettanti (sorbitolo, glicerolo, propilenglicol…) che conservano la struttura dello shampoo evitando l’evaporazione dell’acqua;
-> addolcenti (olii vegetali o animali, derivati di lanolina o lecitina, polimeri cationici…) per dare brillantezza ai capelli, diminuirne l’elettricità statica e favorirne lo sbrogliamento;
-> agenti di viscosità per addensare uno shampoo in crema (gomme naturali, cellulose, carbopol…) o per fluidificarlo (alcoli);
-> conservanti (paraidrossibenzoati…) la cui azione antisettica è necessaria per consentire la conservazione del prodotto finito;
-> citiamo infine gli opacizzanti e i madreperlanti, i coloranti, i sequestranti, gli stabilizzatori del pH ed i profumi.
-> Alcuni additivi vegetali vengono utilizzati per dare “riflessi” che abbelliscono i capelli:
l’henné dà riflessi rossi, la camomilla riflessi biondi ed il castagno riflessi castani. La china, oltre ad esercitare proprietà antisettiche, rende brillanti i capelli.
I principi attivi dei singoli shampoo trattanti verranno esaminati in dettaglio successivamente.

Tollerabilità locale degli shampoo
La messa a punto di uno shampoo implica prima di tutto la prova dei diversi agenti tensioattivi e del prodotto finito a tre livelli.
-> I capelli. Lo shampoo non deve denaturare la cheratina. A questo riguardo, i tensioattivi anionici sono quelli meno tollerati.
-> Gli occhi. Alcuni detergenti non si limitano ad irritare temporaneamente la congiuntiva (tensioattivi cationici) ma possono provocare una cheratite duratura.
Il test di Draize sulla cornea del coniglio costituiva, fino a pochi anni fa, un obbligo legale.
-> La cute del cuoio capelluto, della fronte e delle mani.
Un’eccessiva detersione può provocare disidratazione, prurito ed eritema dopo lo shampoo. E stata accusata di provocare seborrea reattiva, di favorire l’evoluzione di un’alopecia androgenica. Vengono effettuati dei patch test epicutanei per cercare eventuali effetti irritanti indesiderabili. Tra gli additivi, i conservanti, i coloranti ed i profumi devono essere accuratamente testati per verificare che non inducano alcuna dermatite allergica da contatto, alcuna fotosensibilizzazione o alcuna pigmentazione della linea di attaccatura del cuoio capelluto.

Cinque categorie di shampoo

1) Gli shampoo lavanti “classici”
Sono gli shampoo familiari, economici, che hanno lo scopo di lavare bene i capelli. Contengono soprattutto tensioattivi anionici e cercano la loro personalità attorno ad un ingrediente naturale, vegetale o biologico.

 

2) Gli shampoo cosmetici
Si tratta di shampoo specifici che consentono di correggere gli inconvenienti inerenti a una determinata natura dei capelli.
La loro formulazione esige una intelligente modulazione dell’azione detergente e dell’azione “condizionante”.
-> gli shampoo per “capelli secchi” donano dolcezza e facilità alle pettinature;
-> gli shampoo per “capelli grassi” tendono a ritardare gli effetti di appesantimento legati al grasso dei capelli;
-> gli shampoo per “capelli sottili” intendono garantire volume e mantenimento;
-> gli shampoo per “capelli fragili” danno brillantezza e morbidezza.

Gli shampoo trattanti specifici
Cercano di adattarsi ad un cuoio capelluto alterato, mediante aggiunta di molecole che hanno un azione “farmacologica” riconosciuta.

-> Gli shampoo antiforfora
L’eziopatogenesi della forfora fa intervenire una proliferazione eccessiva di microrganismi residenti, per cui uno shampoo antiforfora dovrà avere due qualità principali:
– una reale attività battericida ed antimicotica;
– una base lavante con potere lavante sufficiente per eliminare la forfora presente ma con dolcezza indispensabile per non aggredire ulteriormente l’epidermide già irritata.
Gli additivi hanno reali virtù antiforfora:

-> gli shampoo contenenti catrami, come l’olio di cade (catrame di legno di ginepro) o il catrame di carbone fossile Vengono utilizzati per la psoriasi e la forfora del cuoio capelluto in quanto hanno una certa efficacia cheratolitica ed antipruriginosa. L’inconveniente del loro odore e del loro colore scompare dopo il risciacquo,

-> Gli shampoo antiforfora classici contengono amidi dell’acido undecilenico, sali di zinco o derivati di piridintione. L’octopyrox ha un attività paragonabile. Sono attualmente in commercio anche shampoo contenenti imidazolici (di cui la più famosa e commercialmente fortunata contiene ketoconazolo) veicolati da eccipienti schiumogeni ma molto aggressivi per la cheratina.

Gli shampoo antiseborroici
Schematicamente, possono essere classificati in tre categorie:

-> Gli shampoo contenenti legno di Panama, detergente non ionico dolce, possono essere utilizzati dai soggetti aventi cuoio capelluto grasso. Hanno la fama di non danneggiare la cheratina pilare né di provocare seborrea reattiva. Tuttavia, il loro carattere poco schiumogeno determina il rifiuto da parte dell’utente,

-> Alcuni shampoo per “capelli grassi”, contengono agenti che tendono a rallentare la secrezione sebacea: abitualmente derivati dello zolfo e olio di cade.

4) Le basi lavanti dolci
sono derivati non ionici del poliglicerolo con forte potere schiumogeno o non schiumogeno. La loro eccellente tollerabilità e la loro grande frequenza di utilizzo fanno sì che i disturbi dovuti al sebo non hanno il tempo di verificarsi.
-> Gli shampoo dolci: “per uso frequente” e “per bambini”
La moda di questa serie va diffondendosi da parecchi anni in correlazione con il cambiamento dello stile di vita. Attualmente, il consumatore sente il bisogno di lavarsi spesso i capelli, due – tre volte alla settimana; questo può essere dovuto all’inquinamento atmosferico delle grandi città, ad una seborrea importante, alla sudorazione legata alla pratica regolare di sport etc.
La formulazione di questi shampoo meno detergenti dei precedenti, si basa sull’utilizzo di tensioattivi selezionati per la loro dolcezza e la loro assenza di aggressività nei confronti del capello, ma anche della cute e degli occhi, in particolare negli shampoo “per bambini”.

 

5) Gli shampoo secchi
Questi shampoo sono costituiti da una miscela di polveri (amido di riso o di mais, silice…) destinate ad assorbire il sebo e ad essere in seguito eliminate mediante un’energica spazzolatura.
Di fatto non vengono più utilizzati in quanto non hanno alcun potere pulente sul cuoio capelluto. Danno soltanto un’apparenza di pulizia.

 

PRODOTTI DOPO SHAMPOO

I balsami di bellezza o contro i nodi
Danno ai capelli un aspetto elastico, liscio, lucido e “disciplinato”. Sono particolarmente apprezzati dalle donne con capelli lunghi e secchi che trovano una soluzione al problema dei nodi. Si applicano 2 – 4 “noci” di prodotto sui capelli bagnati dopo lo shampoo, si lascia agire alcuni minuti quindi si risciacqua.
I balsami sono costituiti da cere autoemulsionabili (alcool grasso, alcoli ossietilenici), da derivati dell’ammonio quaternario (tensioattivi) e da agenti condizionanti polimeri, siliconi, proteine…).
Sono ben tollerati ed il fissaggio dei prodotti sul capello è subito reversibile con il lavaggio.
Sono poco consigliabili per i capelli grassi in quanto aumentano, verosimilmente, la migrazione del sebo con il loro effetto di superficie sul fusto pilare.

Le creme per capelli
Questi prodotti più densi vengono utilizzati come i balsami (dopo lo shampoo, contatto seguito da risciacquo).
Sono vere e proprie emulsioni di olio in acqua in presenza di emulsionante (non ionico o cationico). Le creme per capelli hanno un grande successo presso il pubblico e, in alcuni paesi (es. USA), vengono utilizzate pressoché sistematicamente dopo lo shampoo.
I fabbricanti li collocano come prodotti di cura (capelli secchi, grassi, fragili ..) oppure danno loro un’immagine di marca “biologica”, “ecologica”…
Gli inconvenienti riscontrati sono la sensazione di appesantimento dei capelli, l’impressione che diventino grassi più rapidamente.

Le lozioni fissanti
Questi prodotti vengono anch’essi applicati dopo lo shampoo ma non devono essere sciacquati.
Sono costituiti da polimeri di sintesi (derivati del polivinilpirrolidone o dell’acetato di polivinile).
I loro effetti di rigidità sulla capigliatura, molto ricercati negli anni ’60, stanno tornando di moda per le pettinature attuali.

Le lozioni “trattanti”
– Le lozioni antiforfora possono essere utilizzate dopo lo shampoo oppure come frizione tra due shampoo con una frequenza variabile (da tutti i giorni a due volte alla settimana).
Gli agenti “attivi” sono diversi: piridintione e derivati, octopyrox, derivati undecilenici, catrami, solfuro di selenio…
– Le lozioni antiseborroiche utilizzano comunemente miscele di zolfo, di catrame, di estratti biologici o vegetali…
– Le lozioni “contro la caduta dei capelli” sono praticamente tutte a base di estratti biologici, vegetali, vitamine o rubefacenti la cui efficacia è spesso ben lungi dall’essere dimostrata.

 

LACCHE PER CAPELLI

Agendo tramite deposito di polimeri, questi prodotti di mantenimento della pettinatura sono destinati a fissare per alcune ore i capelli in una data posizione.
Devono adattarsi alle variazioni di umidità, non creare un effetto appiccicoso o polveroso, resistere ad un colpo di pettine ma essere facilmente tolti con lo shampoo.
Gli elementi costitutivi di una lacca sono: una sostanza laccante (formata da resine polimeriche), un complesso solubilizzante, agenti plastificanti, una miscela solvente, un gas propulsore…

Le eventuali conseguenze dell’uso delle lacche possono essere distinte in tre voci:
1) dermatiti da contatto, eccezionali;
2) broncopneumopatia (di tipo fibroso), possibile se esiste un’esposizione molto prolungata in un locale (professionale) mal aerato;
3) alterazione dello strato di ozono stratosferico dovuta all’utilizzo di fluorocarburi (freon) come gas propulsori di aerosol. Questa barriera naturale è indispensabile per arrestare le radiazioni solari “mortali”, pertanto sono state prese misure di legge per limitare l’uso dei freon. I nuovi propulsori si avvalgono di solventi o di gas inerti.

 

TINTURE PER CAPELLI

La colorazione dei capelli è. dovuta a sostanze che assorbono determinate lunghezze d’onda della luce e ne ritrasmettono altre.
Il motivo per cui nacquero le tinture era di mascherare i capelli bianchi. La civetteria ed il desiderio di seduzione se ne sono impadroniti, e già da molto tempo: le belle Romane dovettero schiarire i loro capelli troppo neri per continuare a piacere ai legionari vittoriosi ma vinti dalle bionde galliche…
Al di fuori dell’henné (colorante naturale estratto pestando il fiore di Lowsonia alba), si possono distinguere tre tipi di tinture in funzione della durata della colorazione.

La colorazione temporanea
Tende a modificare temporaneamente la tonalità naturale per dare riflessi e fulgore alla capigliatura. I prodotti coloranti utilizzati hanno un alto peso molecolare, si depositano sulla cuticola del capello (senza penetrarla) e vengono eliminati con lo shampoo. I più utilizzati sono i coloranti azoici, trifenilmetanici, antrachinonici, indoaminici…
Vengono usati sotto forma di shampoo coloranti o di lozioni dopo shampoo.

 

La colorazione semipermanente
I prodotti utilizzati cercano una tenuta di colorazione superiore ai coloranti temporanei, in quanto devono resistere a diversi lavaggi (da 4 ad 8). Ravvivano il colore naturale (tonalità più scura) e mascherano i primi capelli bianchi. Non possono schiarire i capelli.
Si tratta di una colorazione diretta che non richiede alcuna modifica preliminare o concomitante della cheratina.
I coloranti più utilizzati appartengono alla famiglia dei coloranti nitrati (ortodiamine nitrate, paradiamine nitrate), azoici o metallici.

La colorazione permanente: la più utilizzata
Consente una modificazione durevole del colore naturale avvalendosi di una reazione chimica di ossidazione che determina l’integrazione di molecole coloranti all’interno del fusto del capello.
La colorazione permanente resiste bene agli shampoo ed ai diversi fattori esterni (luce, sfregamento etc). Consente inoltre di schiarire o di scurire i capelli in diverse gamme di colori.
Il principio sembra semplice: molecole di piccolissima dimensione, dopo aver attraversato una cuticola di porosità fisiologica aumentata mediante idratazione ed alcalinizzazione, vengono ossidate in molecole colorate, in grado di trasmettere il colore alla cheratina della stessa cuticola e della corteccia.
Di fatto, i meccanismi di ossidazione sono estremamente complessi e richiedono:
-> una soluzione di perossido in ambiente alcalino (pH 9), abitualmente acqua ossigenata (H2 02) agente ossidante e decolorante;
-> un sistema cromogeno comprendente un cromogeno primario o base di ossidazione (molecola incolore il cui prodotto di ossidazione fornirà un colorante) e dei cromogeni secondari chiamati copulanti che modificano il colore primario e la cui combinazione consente di realizzare diverse tonalità.
I coloranti sono le fenilendiamine (parafenilendiamina, paratoluidendiamina); gli aminofenoli (para ed orto) i diidrossibenzeni o i polifenoli.
I prodotti si presentano in forma di crema o di gel nei saloni di bellezza ed in forma di shampoo colorante per il pubblico.
Gli incidenti delle colorazioni permanenti sono eccezionali e dominati dalla dermatite allergica da contatto alle tinture (valutata in una volta su un (milione di unità vendute).
Le sostanze più allergicizzanti sono la parafenilendiamina (P.P.D.) la cui intolleranza è nota dal 1898, la nitro-orto-fenilendiamina, la nitro-parafenilendiamina, la 2,5-parato-luendiamina.
Questa pur rara possibilità di eczema impone, per legge, la pratica di eseguire una prova per determinare la tollerabilità delle basi di colorazione da parte dell’utente.

 

PERMANENTI

Le permanenti hanno lo scopo di trasformare un capello liscio in un capello ondulato. La riuscita di questi metodi è la prova certamente dell’arte del parrucchiere ma anche dell’elasticità delle fibre pilari, in quanto il principio consiste in una modificazione chimica della cheratina.
La permanente può essere divisa in tre fasi:
-> In un primo tempo, i ponti disolfurici della cheratina vengono ridotti in funzioni tioliche, da prodotti organici a base di acido tio-o derivati (acido tioglicolico, acido tiolattico) in presenza di un agente umettante;
-> una volta ridotta, la cheratina è plastica, in grado di essere deformata, per esempio mediante avvolgimento su di un bigodino per 10 – 45 minuti. E’ la messa in forma che consente lo scorrimento delle catene;
-> in un terzo momento, dopo un risciacquo, la cheratina viene fissata nella forma voluta mediante agenti ossidanti più spesso acqua ossigenata, talvolta bromati) che ristabiliscono i ponti disolfurici.
La riuscita della permanente (buona tenuta per 2-4 mesi) deriva dalla padronanza di questa tecnica chimica che degrada potenzialmente la struttura del capello.
Sul piano della tollerabilità, i liquidi per le permanenti non sono di norma allergizzanti, sono però talvolta irritanti e richiedono pertanto la protezione delle mani del parrucchiere.

 

PRINCIPI DI IGIENE

A proposito della pettinatura
Gli chignon troppo stretti e le “code di cavallo” sono fattori di alopecia traumatica dovuta non solo a rottura dei fusti dei capelli ma anche al formarsi di micro emorragie sottoinfundibulari che esitano, alla fine, in cicatrizzazione della zona del bulge (tricotiomalacia).
L’asciugatura con spazzola e phon, le permanenti, la cotonatura e la scotonatura, rischiano di alterare la struttura dei capelli, di spezzarli o di strapparli.
Il fatto di tagliare o meno i capelli non ha mai modificato la loro crescita.
La spazzolatura deve essere fatta solo con spazzole dalle setole morbide i pettini devono avere denti arrotondati senza residui taglienti di lavorazione.
Le spazzole ed i pettini devono essere lavati regolarmente con acqua e sapone.

A proposito del lavaggio
E’ importante usare uno shampoo di buona qualità le cui basi lavanti non siano aggressive.
Il capello sopporta male i “detergenti industriali”.
Non è mai consigliabile mescolare due shampoo diversi in quanto alcuni agenti tensioattivi non sono compatibili tra di loro il che comporta una “presa in massa” dei capelli (che scompare soltanto con il taglio dei capelli).
La frequenza dello shampoo si è modificata nel corso degli anni:
-> solo 15 -20 anni fa, si sosteneva che i capelli dovessero essere lavati soltanto ogni 7 – 15 giorni, per evitare la possibile comparsa di una iperseborrea reattiva (gli shampoo dell’epoca erano effettivamente molto detergenti);
-> oggi che è dimostrato che la frequenza dello shampoo non influenza affatto la produzione di sebo, è ragionevole consigliare almeno un lavaggio alla settimana per i capelli secchi o normali, due o tre lavaggi settimanali per i capelli grassi a condizione di usare basi lavanti molto dolci (“shampoo extra-dolci”).
-> una cattiva igiene del cuoio capelluto, che comporti la presenza e la persistenza di “tappi dell’ostio”, rende assai più difficoltosa la penetrazione di qualunque principio pertanto una corretto modo di lavarsi è l’alleato indispensabile di qualunque cura dermatologica che debba interessare il follicolo.

A proposito del cuoio capelluto seborroico
Noi contemporanei non sopportiamo più i capelli “grassi” o “umidi” ed il medico deve adattare la sua prescrizione al desiderio del pubblico.
La possibilità di seborrea reattiva dopo utilizzo di shampoo aggressivi aveva fatto nascere 15 anni fa l’aforisma: “lo shampoo sta all’alopecia come lo zucchero sta alla carie”,
il che viene attualmente considerato totalmente falso.
E’ importante lavare spesso i capelli grassi…ma con dolcezza! Un’applicazione unica di shampoo “trattante” è preferibile al classico doppio lavaggio successivo.

 

A proposito del cuoio capelluto con forfora
Gli shampoo anti forfora sono il primo rimedio, Possono bastare in quanto contengono agenti realmente efficaci che sono contemporaneamente antimicotici, antibatterici e rallentano la formazione delle squame.
Talvolta è necessario aggiungere una terapia locale complementare, ma in tal caso lasciamo la cosmetologia per entrare in dermatologia.

 

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