Alopecia Androgenetica e Sistema Immunitario
Roberto Vezzi
(www.calvizie.net)
Alcuni recenti studi ribadiscono come anche nell’alopecia androgenetica (e non solo nell’a. areata) il sistema immunitario possa svolgere un ruolo importante, non tanto nella genesi dell’affezione, quanto nel mantenimento della patologia, probabilmente non consentendo ai follicoli miniaturizzati di tornare trofici e di scendere di nuovo in profondità nello scalpo.
Mastociti nelle zone dello scalpo affette da aga
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18286292?ordinalpos=3&itool=EntrezSystem2.PEntrez.Pubmed.Pubmed_ResultsPanel.Pubmed_RVDocSum
Da anni si utilizzano per l’alopecia androgenetica diverse sostanze antinfiammatorie che esplicano la propria azione contrastando la produzione di citochine infiammatorie prodotte dai linfociti T, azione in un certo senso analoga a quella dei farmaci immunosoppressori.
Agiscono in questo modo sostanze come il chetoconazolo, l’ossido di zinco, l’idrocortisone o cortisolo, la tretinoina (e secondo alcuni pure il minoxidil), mentre a livello sistemico è nota l’azione antinfiammatoria degli acidi grassi come gli omega 3 e 6.
A questo proposito vale la pena notare che almeno un produttore di un celebre prodotto topico anti-dht consiglia l’abbinamento del proprio prodotto con “immunosoppressori” topici:
Consigli Crinagen
https://www.raztec.com/crinpt2.html
I farmaci immunosoppressori sono utilizzati da anni per evitare il rigetto nei trapianti di organi e spesso si è notata ricrescita dei capelli nei soggetti calvi. Il più diffuso di questi è la ciclosporina A che secondo diversi studi porta a ricrescita dei capelli in una buona parte dei casi di alopecia areata:
Tuttavia queste sostanze sono efficaci soprattutto se prese in alte dosi a livello sistemico, assunzione che finisce per deprimere l’intero sistema immunitario e per indurre diversi gravi effetti collaterali sul sistema nervoso e a livello epatico, mentre come topici la loro efficacia è molto minore, probabilmente in ragione delle grandi dimensioni delle molecole in questione.
Queste sostanze, che sono perlopiù di derivazione naturale, agiscono sul “percorso del calcio” inibendo la calcineurina dei linfociti T e così impedendo la produzione di citochine e in particolare dell’interleuchina 2 (IL-2).
https://www.rsc.org/ej/NP/2001/b001720p.pdf
Con l’inibizione della calcineurina vengono di conseguenza inibiti anche alcuni fattori nucleari di attivazione dei linfociti T (NFAT)
https://en.wikipedia.org/wiki/Calcineurin
https://en.wikipedia.org/wiki/NFAT
Proprio uno di questi fattori di recente è stato individuato come il responsabile dell’inattivazione delle cellule staminali del follicolo:
Quiescenza cellule staminali con NFATc1:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18243104?ordinalpos=1&itool=EntrezSystem2.PEntrez.Pubmed.Pubmed_ResultsPanel.Pubmed_RVDocSum
https://newswire.rockefeller.edu/?page=engine&id=702
https://en.wikipedia.org/wiki/NFATC1
Questo percorso biochimico è peraltro collegato a quello parallelo dell’inattivazione del fattore NF-Kbeta, che a sua volta è strettamente collegato con l’inibizione delle proteasi e del proteasoma, che sono le strade intraprese per tentare di far ricrescere i capelli da parte dei ricercatori del gruppo che sta testando il principio anticalvizie conosciuto come Neosh101:
https://www.patentstorm.us/patents/6838252.html
Peraltro questo tipo di inibizione ha dei forti collegamenti anche con l’attivazione delle beta-catenine e delle proteine WNT che stanno invece alla base delle sperimentazioni di Follica, ossia del gruppo del dr. George Cotsarelis (lo scopritore delle staminali nel “bulge” del follicolo).
https://www.wipo.int/pctdb/en/wo.jsp?wo=2006105109&IA=WO2006105109&DISPLAY=DESC